THE HUMAN LEAGUE - BEST OF

Anche gli Human League possono essere introdotti con una visione d'insieme, con una raccolta rintracciabile (ed economica), di buona qualità e contenente i principali singoli. Siamo nelle acque più classiche degli anni '80: il synth pop e la dance. Gruppo più numeroso rispetto ai Pet Shop Boys è sicuramente inferiore a questi ultimi come livello medio delle produzioni (anche se gli Human League hanno dalla loro l'album Reproduction), come inventiva e come adattabilità. Questo è un po' il principale difetto, il disco tende a invecchiare e con lui i suoi schemi, i suoi trucchi, mentre altri gruppi del periodo (i già citati PSB, ma anche i New Order, i Prefab Sprout, gli Ultravox) sono riusciti a superare già più le barriere del tempo. Detto questo ci sono anche i pregi: il pop è sempre di buona qualità, orecchiabile ma non scontato, gli arrangiamenti sono curati, l'interpretazione calzante. Certo, qualcosa spicca: Love action (I believe in love), che si fa notare soprattutto per il ritmo iniziale, The sound of the crowd per l'utilizzo un po' più ardito dell'elettronica (ricollegabile in certi aspetti a quella che sarà poi la techno), il classico alla Boney M di Don't you know I want you che potrebbe benissimo stare insieme a "Ma Baker" e "Rasputin" della storica band degli anni '70. Il massimo tuttavia si raggiunge nelle ballate, la perfetta organizzazione dei 4 minuti di Life on your own, il contrasto tra tono alto e basso (con l'aggiunta del coro femminile), la cadenza della tastiera e il crescendo finale si fanno ricordare piacevolmente anche dopo 20 anni. Così anche la bellissima Heart like a wheel, più elaaborata melodicamente e per certi versi più scintillante e parallela alla dance mostra carte quasi uniche nella carriera degli Human League, è il trionfo dello schema della canzone pop. Il finale ci regala ancora qualcosa: Human, una delle migliori ballate di tutto il decennio, più lenta e scarna rispetto alle altre si srotola su percussioni evidenti, una semplice linea di tastiera e un'ottima voce, vera e propria protagonista. Il resto può anche essere trascurato, tra quello che c'è di buono (Seconds, per esempio) e quello che forse era meglio non inserire nella raccolta (The Lebanon). Non da protagonisti, non da innovatori, non esaltando troppo, alla fine gli Human League si lasciano sentire, quel pugno di grandi brani tuttavia è troppo poco per dare una valutazione superiore alla pura sufficienza.